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Il funzionamento della norma di Diritto internazionale privato

Gli articoli contenuti nella legge 218 sono in massima parte norme di d.i.p. formali o non ricettizie, ciò sta a significare che esse rintracciano l’ordinamento concretamente applicabile alla fattispecie con elementi di estraneità: pertanto, esse da sole non servono per la risoluzione della controversia, ma sono solo un passaggio intermedio.

 

Esistono altre norme di d.i.p., dette materiali, che anziché limitarsi a individuare l’ordinamento da applicare, risolvono direttamente la fattispecie, dettandone la disciplina ( es. art.49 L.128 che stabilisce che in assenza di eredi l’eredità è devoluta allo Stato).

 

Le norme di d.i.p. materiale sono presenti soprattutto nelle Convenzioni ( es. Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale), anche perché, pur essendo meno elastiche perché meno ampie di quelle formali e pur limitando l’autonomia dei singoli Stati, sono più idonee a garantire l’uniforme applicazione in diversi Stati.

 

Laddove esiste una norma di d.i.p. materiale uniforme non trova applicazione la norme di d.i.p. formale: le prime hanno, infatti, carattere di specialità, perché risolvono direttamente la questione sostanziale, anziché ricorrere al doppio passaggio di individuazione del diritto applicabile e successiva applicazione dello stesso ( c.d. doppia qualificazione).

 

 

 

Il rinvio o richiamo

 

Il fenomeno del rinvio o richiamo è il fenomeno per cui un ordinamento attribuisce valore giuridico a norme appartenenti ad un ordinamento diverso che, di per sé stesse, non avrebbero nel primo alcun valore.

 

Attraverso il rinvio le norme di d.i.p. richiamano le norme che, per quel determinato tipo di rapporto, hanno vigore nell'ordinamento con il quale la fattispecie, caratterizzata da elementi di estraneità si presenta collegata.

 

Si parla di rinvio formale o ricettizio nell'ipotesi in cui l’ordinamento richiamante riconosce direttamente all'ordinamento straniero la competenza ad emanare norme giuridiche in un determinato settore, con la conseguenza che tali norme esplicano direttamente la loro efficacia anche nel territorio dello Stato richiamante man mano che vengono prodotte.

 

Il rinvio si definisce, invece, materiale o ricettizio quando la norma straniera si intende incorporata nella norma di richiamo, concepita quale norma in bianco, e, quindi recepita e riprodotta nell'ordinamento nazionale.

 

Questione discussa è se il richiamo operato dalle norme di d.i.p. debba essere qualificato come un rinvio di tipo formale o materiale.

 

La dottrina più recente a riguardo ha elaborato la teoria c.d. del rinvio di produzione, secondo la quale le norme di d.i.p. sarebbero vere e proprie norme sulla produzione giuridica ed, in quanto tali, attribuirebbero valore di fatti di produzione giuridica, cioè valore di fonti del diritto, alle stesse fonti che hanno tale valore nell'ordinamento straniero richiamato.

 

Una volta individuato grazie al collegamento il diritto straniero richiamato sorgono, però, problemi in ordine alla sua interpretazione ed applicazione da parte del giudice nazionale.

 

La prevalente dottrina in merito è concorde nel ritenere che le norme straniere richiamate da quelle di d.i.p. debbano essere considerate come norme giuridiche a tutti gli effetti con la conseguenza che:

  • L’errata applicazione del diritto straniero può costituire motivo di ricorso per cassazione in quanto rappresenta violazione o falsa applicazione di norme di legge;
  • Vale anche per le norme straniere il principio iura novit curia nel senso che spetta al giudice, anche in mancanza di un’indicazione delle parti, reperire la norma giuridica, anche se straniera, applicabile al caso concreto.

Già sotto il previgente sistema di d.i.p. anche la giurisprudenza aveva finito con riconoscere che il giudice italiano che si trova a dover applicare la legge straniera deve conoscerla direttamente o procurarsene la conoscenza, eventualmente collaborando a tale scopo con le parti in causa.

 

Tale impostazione ha, poi, ricevuto consacrazione legislativa con la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato.

L’art.14 della legge 128 stabilisce, infatti, che, fermo restando il lecito ruolo ausiliario e di stimolo delle parti interessate, l’accertamento del contenuto della legge straniera individuata come applicabile al caso concreto, spetta, come dovere d’ufficio, al giudice.

 

Le parti, dunque, potranno ( dovranno, dice la lealtà processuale ) collaborare, fornendo tutti gli ausili di cui dispongono per la corretta individuazione anche al fine di una celere conclusione della controversia.

 

Il giudice, da parte sua laddove non possa essere agevolato da una conoscenza personale ( un conto è conoscere gli istituti del diritto francese, un altro conoscere le norme relative al diritto di famiglia dell’Angola) potrà usufruire

  • di tutti gli strumenti indicati dalle convenzioni;
  • delle informazioni acquisite per il tramite del Ministero della Giustizia;
  • delle relazioni fornite da esperiti, anche attraverso il ricorso ai consolati o alle associazioni internazionali, nella qualità di consulenti tecnici.

Ne consegue, pertanto, che è legittimamente utilizzabile il testo tradotto di una legge straniera ( nella specie Camerun ) proveniente dall'ambasciata di quel Paese che ne attesti la conformità all'originale, senza che, in difetto di qualsiasi specifica contestazione di divergenza tra la traduzione acquisita e la norma nel suo testo originale, si renda necessaria la traduzione giurata di un interprete abilitato italiano.

 

L’art.15 delle preleggi precisa, inoltre, che il diritto straniero dovrà essere inteso in maniera organica e dinamica e, dunque, applicato alla luce dei criteri interpretativi suoi propri e di applicazione nel tempo. Ne discende che il diritto straniero operante nell'ordinamento italiano secondo le norme di diritto internazionale privato, deve essere interpretato dal giudice italiano secondo i criteri ermeneutici suoi propri.

 

Questo significa che il richiamo all'ordinamento deve intendersi nella globalità di tutte le sue parti, perciò sono richiamate tutte le norme che lo compongono, comprese quelle di d.i.p. ed i principi costituzionali, le convenzioni internazionali rese esecutive, la gerarchia delle fonti sua propria, i canoni ermeneutici, nonché dottrina e giurisprudenza. Sono inoltre richiamate le norme sull'analogia, sull'interpretazione estensiva e sulla successione delle leggi nel tempo perché ogni questione di diritto intertemporale va risolta con i criteri dell’ordinamento a cui appartiene.

 

Il giudice si comporterà esattamente come se appartenesse allo stesso ordinamento che sta applicando e dovrà riqualificare la fattispecie tenendo conto di tutto quanto sopra ( c.d. doppia qualificazione).

 

Ma il dovere del giudice di accertare il contenuto della legge straniera non implica anche un obbligo per lo stesso di acquisire fonti giurisprudenziali o dottrinarie che corroborino l’una o l’altra delle possibili letture del testo normativo.

 

Se il giudice non riesce a rintracciare la norma da applicare nonostante gli strumenti e gli ausili di cui dispone potrà applicare quella indicata da altri criteri di collegamento previsti dalle norme del diritto internazionale privato.

 

Se anche in questo caso la ricerca non dovesse condurre alla norma, o se non vi sono altri criteri potenzialmente utilizzabili, il giudice ricorrerà al diritto italiano quale estrema ratio, per l’esigenza di giustizia di risolvere in ogni caso la controversia pendente.

 

Laddove l’ordinamento individuato dal giudice è un ordinamento plurisoggettivo ovvero composto da più sistemi o sottosistemi giuridici per cui ad un ordinamento centrare sono affiancate altre realtà giuridiche sotto articolate che hanno rilevanza in base ad un criterio territoriale ( es. stato federale, ma anche l’Italia, che sebbene sia uno stato unitario prevede una forte legislazione regionale, sempre più autonoma, soprattutto nel caso di regioni a statuto speciale o provincie autonome) o un criterio personale ( collegato all'appartenenza ad una casta, ad un’etnia, ad una religione ecc…).

 

L’art.18 risolve espressamente la problematica relativa all'ordinamento concretamente applicabile in una simile ipotesi stabilendo che se l’ordinamento straniero richiamato ha carattere plurilegislativo la legge concretamente applicabile dovrà essere determinata secondo i criteri propri dell’ordinamento straniero, ivi compresi quelli suggeriti dalla dottrina o elaborati dalla giurisprudenza.

 

La giurisprudenza ha chiarito che in ipotesi di carattere plurilegislativo dell’ordinamento dello Stato straniero il giudice italiano è tenuto a ricercare d’ufficio le norme dell’ordinamento straniero applicabili e le stesse clausole di quell'ordinamento idonee ad individuare il sottosistema territoriale o personale cui si riferisce la fattispecie.

Nel caso in cui l’ordinamento plurilegislativo non individua un proprio criterio ma rinvia ad un altro ordinamento si applica la disciplina prevista dall’art.13 per il rinvio oltre.

 

Se il criterio di collegamento non può in alcun modo essere individuato il legislatore prevede che si applichi il sistema normativo con il quale la fattispecie presenta il collegamento più stretto, lasciando ampia discrezionalità all'interprete.

 

Alcune convenzioni internazionali indicano in maniera espressa la regola in base alla quale si identificherà, nell'ambito del sistema plurilegislativo, il sottosistema di riferimento. 

 

È il caso, ad esempio, della Convenzione dell’Aja del 1970 sul riconoscimento dei divorzi e delle separazioni personali che stabilisce, in caso di ordinamento plurisoggettivo, di fare riferimento al sottosistema insistente sull'area territoriale cui appartiene il luogo in cui ha sede l’autorità che ha pronunciato il provvedimento di divorzio o separazione. 

 

L'adattamento

Per adattamento si intente la delicata operazione di coordinamento cui viene chiamato l’interprete allorquando la norma di d.i.p. per difetto tecnico di formulazione o per volontà esplicita del legislatore, finisce per richiamare, in relazione alla medesima fattispecie concreta, norme giuridiche appartenenti a sistemi normativi diversi.

 

In tal caso sorge il problema di amalgamare tra loro discipline eterogenee se non addirittura contrapposte fino ad individuare una regolamentazione armonica sufficientemente adatta alla fattispecie concreta.

 

Secondo parte della dottrina sarebbe opportuno procedere attraverso o la scelta di una sola tra di esse, ovvero con l’applicazione della legge nazionale. Quest’ultima soluzione si impone nel caso in cui i contenuti delle norme straniere richiamate contemporaneamente siano del tutto reciprocamente incompatibili.

 

Continua: i criteri di collegamento.

 

 

 

 

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