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Il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi ed il reato di violenza privata perpetrati nei confronti dei minori: assorbimento o concorso?

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI PENALE -

SENTENZA 6 maggio 2020, n.13709

 

MASSIMA

 

Nelle ipotesi in cui la conseguenza dei maltrattamenti a danno di minori sia uno stato di afflizione, di prostrazione oppure di terrore o, comunque, di consistente timore per la propria incolumità, ne rimane compressa anche la libertà morale degli stessi, che, nella sua duplice dimensione di libertà di autodeterminazione e di azione, costituisce il bene giuridico protetto dall'art. 610, cod. pen. Ne consegue che la violenza privata deve ritenersi assorbita nei maltrattamenti, realizzandosi, altrimenti, un inammissibile bis in idem sostanziale.

Sul tema dell’assorbimento o del concorso tra reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi ex art.572 cod. Pen. ed il delitto di violenza privata previsto dall’art.610 cod. Pen. si sono registrati diversi orientamenti giurisprudenziali oscillanti tra chi ha ritenuto la violenza privata assorbita nei maltrattamenti e chi, invece, per lo più in epoca meno recente, ha opinato per il concorso tra i due reati.

 

 

Nella recente sentenza su citata il Collego ha ritenuto che, proprio in ragione del diverso atteggiarsi in concreto della condotta abituale maltrattante, la questione non possa trovare una soluzione unitaria, nell'un senso o nell'altro, sottolineando che:

  • Laddove l'effetto della serie di condotte maltrattanti sia rappresentato da una condizione di umiliazione o di generica sofferenza psicologica del destinatario (ad esempio, per reiterate ingiurie, per ostentate infedeltà o per privazioni di beni materiali), è ben possibile che ad essa non si accompagni anche una significativa compressione della libertà morale della vittima: ragione per cui, in tal caso, qualora a quelle condotte si aggiungano uno o più specifici comportamenti costrittivi, potranno configurarsi altrettanti delitti di violenza privata ( concorso tra i reati ). Dovendo, quindi in tal caso, concludersi per un concorso tra i reati.
  • Per converso, nell'ipotesi in cui la conseguenza dei maltrattamenti sulla vittima sia uno stato di afflizione, di prostrazione oppure di terrore o, comunque, di consistente timore per la propria incolumità, è difficile escludere che ne rimanga compressa anche la libertà morale della stessa, che, nella sua duplice dimensione di libertà di autodeterminazione e di azione, costituisce il bene giuridico protetto dall'art. 610, cod. pen. In questo caso, allora, ad onta del dato formale della collocazione delle due norme incriminatrici in titoli differenti del codice penale, finiscono per coincidere la condotta - per una porzione di un più ampio comportamento abituale - ma anche l'evento dei due reati, quanto meno in senso giuridico, e l'offesa: sicché la violenza privata deve ritenersi assorbita nei maltrattamenti, realizzandosi, altrimenti, un inammissibile bis in idem sostanziale

Casus decisus

La Corte di appello di Lecce confermava la condanna di una insegnante della scuola materna per i delitti di maltrattamenti e di violenza privata commessi ai danni dei suoi alunni. Pertanto, l’imputata ricorreva in cassazione, denunciando violazione di legge e vizi di motivazione, in relazione al delitto di cui all'art. 572, cod. pen., nella parte in cui la Corte di merito aveva ritenuto sussistente il requisito dell'abitualità delle condotte maltrattanti, atteso che le stesse sarebbero state solamente tre per ognuno dei due anni scolastici specificamente considerati, e perciò episodiche. Pertanto, si sarebbe dovuto ipotizzare, al più, il diverso delitto di abuso dei mezzi di correzione, previsto dall'art. 571 cod. pen. Inoltre, denunciava violazione di legge e vizi di motivazione, in relazione al ritenuto concorso tra gli ipotizzati reati, dovendo quello di violenza privata ritenersi assorbito nei maltrattamenti.

La Corte nella sentenza in commento ha affermato che l’ipotesi delineata nel caso sottoposto al suo esame non v’è dubbio che trattasi di un ipotesi di assorbimento del reato di violenza privata nel reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, in ragione innanzitutto dell’assenza, nei minori, di sufficienti filtri selettivi, capaci di rielaborare le altrui condotte aggressive e di metabolizzarle.

La Corte ha sottolineato che ciò è tanto più è probabile che accada nell'ambito scolastico, in cui il bambino si relaziona principalmente proprio con la figura dell'insegnante e non può contare nemmeno sulla rete di protezione presente, quanto meno in larga parte dei casi, all'interno del contesto familiare. Se, allora, l'effetto dei maltrattamenti abitualmente praticati dalla maestra è stato quello di pregiudicare il percorso formativo della personalità degli alunni, funzionale alla progressiva acquisizione di una capacità di autodeterminazione coerente rispetto alla loro età, la singola azione di violenza privata tenuta nei confronti di un singolo alunno ma al cospetto di tutti gli altri e con chiara funzione dimostrativa, non ha rilievo autonomo, bensì rappresenta soltanto una forma di manifestazione della più ampia condotta abituale di maltrattamenti nella quale, perciò, rimane assorbita.

 

Avv. Fatima Santina Kochtab

 

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