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La disciplina del matrimonio nel diritto internazionale privato

PROMESSA DI MATRIMONIO.

L'art. 26, L. 218/95 stabilisce, che la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi. In mancanza di una legge comune, ovvero quando i nubendi siano di nazionalità diverse, sorge l'esigenza di trovare un collegamento neutro, in questo caso quindi troverà applicazione la lex fori ovvero la legge italiana.

 

Requisiti necessari a contrarre matrimonio

I requisiti necessari per contrarre matrimonio (età, capacità naturale, assenza di precedenti vincoli matrimoniali validi etc.) rimangono disciplinati dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi (art. 27 L. 218/95) e ciascun coniuge potrà far valere soltanto la mancanza dei requisiti richiesti dalla propria legge nazionale.

 

Anche i vizi della volontà, le cause di nullità, quali ad es. la mancanza del consenso dei genitori o dell'autorizzazione del Tribunale, sono regolati dalla legge nazionale di ciascun coniuge.

 

L'art. 27 L.128/95 non ha modificato l'art. 115 c.c. e l'art. 116 c.c. poiché sono norme di applicazione necessaria, e quindi con efficacia assoluta nel territorio dello Stato.

 

L'art. 115 c.c. disciplina l'italiano che contrae matrimonio all'estero.

 

L'art. 116 c.c. disciplina lo straniero che contrae matrimonio in Italia, e stabilisce che il cittadino straniero, che intenda contrarre matrimonio in Italia

  • deve presentare una dichiarazione dell'autorità competente del proprio paese attestante che, secondo la sua legge, nulla osta al matrimonio;
  • deve rispettare le condizioni relative alla capacità di contrarre matrimonio dei cittadini italiani. Ne consegue che lo straniero che contrae matrimonio in Italia deve possedere sia i requisiti fissati dall'art. 27 L. 218/95, e sia quelli fissati dalla propria legge nazionale. 

Per il riconoscimento dei matrimoni di stranieri contratti all’estero, sorge spesso in Italia l'eccezione di contrarietà all'ordine pubblico (ad es. all'età, poligamia).

 

L’art. 27 2° comma della L. 218/ 95 riconosce lo stato libero dei nubendi acquistato per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia (straniero divorziato) .

 

Il problema dell'individuazione della legge applicabile alle pubblicazioni è risolto dalla 218/95 che stabilisce, con norme di applicazione necessaria, che debbono essere osservate sempre le norme italiane in tema di pubblicazione.

 

La forma, di celebrazione del matrimonio è regolata (art. 28 L. 218/95) dalla legge del luogo di celebrazione del matrimonio, ovvero dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi, ovvero da quella dello Stato di comune residenza dei coniugi. La scelta del criterio di collegamento, avviene considerando la legge che assicura, meglio delle altre la piena validità ed efficacia dell'atto di matrimonio.

 

Rapporti coniugali derivanti dal matrimonio

Conseguenza della celebrazione del matrimonio è la nascita in capo ai coniugi di diritti ed obblighi reciproci ( patrimoniali, non patrimoniali).

 

I rapporti coniugali personali, con l'approvazione del nuovo diritto di famiglia (L. 151/75), e l’intervento del legislatore del 1995, sono sottoposti ad un criterio di collegamento del tutto inedito. Ai sensi dell'art. 29, comma 2, della L. 218/95, infatti, se i coniugi hanno nazionalità diversa troverà applicazione la legge dello Stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

 

Mentre ai sensi dell'art. 30 L. 218/95 i rapporti patrimoniali tra coniugi sono, regolati dalla stessa legge applicabile ai loro rapporti personali. Tuttavia, è possibile dare vita ad un regime patrimoniale convenzionale, infatti, i coniugi possono convenire che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge nazionale di uno di loro ovvero da quella dello Stato in cui almeno uno di loro risiede. Può accadere che una coppia di coniugi agisca, in uno Stato mentre i loro rapporti patrimoniali restano regolati dalla legge di un altro paese, in tal caso, allo scopo di tutelare l'affidamento dei terzi di buona fede, l'art. 30, comma 3, L. 218/95 precisa che il regime dei rapporti patrimoniali coniugali regolato da una legge straniera è opponibile ai terzi soltanto se:

  • questi ne hanno avuto conoscenza;
  • ovvero ne hanno ignorato il contenuto per loro colpa.

Nel caso le convenzioni patrimoniali coniugali riguardano beni immobili l'apponibilità a terzi prevede il rispetto delle forme di pubblicità immobiliare previste dalla legge dello Stato in cui si trovano i beni.

 

Il matrimonio concordatario

I nubendi cittadini italiani all'estero ai sensi dell'art. 28 L. 218/95, possono, secondo la legge del luogo in cui viene celebrato il matrimonio, utilizzare il matrimonio religioso concordatario, riconosciuto dallo Stato estero in cui viene celebrato.

 

Il problema si pone, invece, quando cittadini italiani, all'estero, intendono fare uso della disciplina sul matrimonio concordatario italiano come propria legge nazionale. Le norme concordatarie avrebbero efficacia esclusivamente nell'ambito dello Stato italiano e ciò lo si desume sia da alcune formalità del matrimonio concordatario (immediata trasmissione dell'atto di matrimonio all'ufficiale di stato civile del comune in cui matrimonio è stato celebrato), formalità che hanno senso solo se il matrimonio viene celebrato in Italia, sia dal fatto che le norme del concordato, derogano alla legislazione matrimoniale generale, e non possono essere considerate, a fini internazional-privastici, come legge matrimoniale nazionale dei cittadini italiani e, dunque, non possono essere applicate all'estero.

 

La giurisprudenza ha, al contrario, riconosciuto la possibilità di far uso, da parte dei cittadini italiani che contraggono matrimonio all'estero, della forma canonico-concordataria. La giurisprudenza ha quindi riconosciuto validità ed efficacia anche in Italia dei matrimoni concordatari celebrati tra cittadini italiani, in Stati in cui i matrimoni religiosi non sono riconosciuti agli effetti civili. La tesi della giurisprudenza e che il Concordato, avrebbe efficacia extra-territoriale, mancando una norma italiana, che sancisca l'efficacia territorialmente limitata all'Italia delle disposizioni concordatarie.

 

Quanto ai cittadini stranieri, secondo la dottrina, non possono celebrare in Italia un matrimonio canonico-concordatario, a causa di questioni formali dell'atto e di aspetti sostanziali (art. 27 L. 218/95). Sempre per i cittadini stranieri, questi secondo l'art. 116 c.c., devono rispettare i divieti sanciti dal codice civile, ovvero il divieto che il matrimonio dello straniero venga celebrato in forma concordataria.

 

Nessuna perplessità sorge, invece, in ordine alla possibilità che cittadini stranieri celebrino in Italia matrimoni acattolici, essendo il matrimonio acattolico una sottospecie del matrimonio civile.

 

Le convivenze di fatto

La Legge Cirinnà ( L.76/2016, Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso  e disciplina della convivenza ) per quanto riguarda la disciplina del diritto internazionale privato prevede l’introduzione dell’art.30bis alla L.218/1995 il quale stabilisce che

  • ai contratti di convivenza si applica la legge nazionale comune dei contraenti;
  • in relazione ai contraenti di diversa cittadinanza deve trovare invece applicazione la legge del luogo in cui la convivenza è prevalentemente localizzata.

La disposizione fa comunque salve le norme nazionali, internazionali ed europee che regolano il caso di cittadinanza plurima.

 

La separazione

La separazione si distingue dal divorzio perché non determina lo scioglimento del vincolo matrimoniale.

 

La L. 218/95 all'art. 31, comma 1, stabilisce che la separazione personale è regolata dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione ovvero, in mancanza di legge comune, da quella dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.

 

L'art. 31 secondo comma, sancisce che qualora la separazione e il divorzio non siano previsti dalla legge straniera applicabile, prevale la legge italiana ( lex fori) assicurando ai propri cittadini la possibilità di separarsi o divorziare indipendentemente dalle disposizioni delle leggi straniere.

 

Mentre i mezzi e le forme attraverso le quali giungere alla dichiarazione della separazione personale saranno regolati (art. 12 L. 218/95) dalla legge del luogo in cui la domanda viene promossa.

 

Il divorzio

L'art. 31 della L. 218/95 ha esteso all'istituto del divorzio l'operatività dei criteri di collegamento fissati per i rapporti coniugali personali e per la separazione. Il secondo comma prevede che nel caso in cui la separazione o il divorzio non siano per nulla previsti e regolati dalla legge straniera individuata come applicabile, troverà applicazione la legge italiana.

 

Si discute se il divorzio possa essere pronunciato per motivi previsti dalla legge nazionale dei coniugi, ma non previsti dalla legge italiana. Parte della dottrina ritiene che l'art. 3 della stessa Convenzione dellAja del 1902 precisa che deve osservarsi la sola legge nazionale dello stato in cui si chiede la pronuncia del divorzio. Resta fermo, naturalmente, il limite dell'ordine pubblico.

 

In Italia, prima del 1970, si riteneva che il principio di ordine pubblico dell'indissolubilità del matrimonio impedisse l'applicazione di norme straniere richiamate in tale materia.

 

Le sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini stranieri non erano riconosciute in Italia, in base al limite dell'ordine pubblico internazionale.

 

Con l'entrata in vigore della legge sul divorzio (L. 898/1970) venne meno l'ostacolo al riconoscimento di sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini italiani anche per i matrimoni celebrati in forma concordataria. Infatti l'art. 2 della legge aveva riconosciuto al giudice italiano la facoltà di far cessare gli effetti civili dei matrimoni concordatari.

 

L’art. 65 della legge 218/95 ha sancito il riconoscimento automatico delle sentenze straniere di separazione e divorzio, ma ostacolo al riconoscimento degli atti stranieri di divorzio resta l'ordine pubblico (art. 64 e 65), quando le sentenze sono fondate ad es. su norme straniere che ammettono il ripudio; escludono l'obbligo alimentare tra i coniugi.

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